Sono passati sei lunghi anni dall’ultimo post, eppure sembra ieri. Non ricordo esattamente il preciso motivo per cui ho smesso di scrivere su questa mia bellissima creatura di blog, ricordo però in maniera molto nitida lo stato d’animo che mi accompagnava (di certo non uno dei migliori)
E’ buffo perché a distanza di così tanto tempo, a differenza di allora, riesco finalmente a chiamare certe sensazioni con il loro nome e a contestualizzare molti aspetti del dorato “universo dei blogger”, apparentemente bellissimo, coinvolgente, appagante, ma che se non gestito correttamente a livello emozionale, riesce a trascinarti in profondi baratri di frustrazione ed inadeguatezza, portandoti quasi ad autoconvincerti che la tua passione senza fine, in realtà, sia solo una piccola goccia di nullità in un oceano di squali.
Parole dure vero, ma che ben descrivono la situazione di migliaia e migliaia di blogger che all’inizio mettono in campo sogni da raccontare, un’esplosiva voglia di esprimersi, fantasia e creatività in ogni singola foto o post; un entusiasmo ahimè destinato a spegnersi lentamente quando lo smorza fiamma si chiama “vita reale”.
La mattina ti alzi e mentre ti prepari una tazza di caffè realizzi amaramente che devi per forza andare a lavorare, anziché stare comodamente seduta in cucina a terminare il post sul fantastico risotto provato la sera prima. Finito di lavorare torni a casa e fra una lavatrice e una lavastoviglie ti rendi conto che è quasi mezzanotte, che gli occhi ti bruciano troppo per stare davanti allo schermo e terminare il post: “è tardi e devo ancora fare la doccia” – “lo finirò domani”- ti dici.
Domani diventa domenica. Domenica diventa lunedì sera perché c’è stata la cresima. Lunedì sera diventa “un risotto molto simile – come diavolo ha fatto mi spia?! – lo posta una blogger già affermata ottenendo non so quanti riscontri positivi ed il nuovo ennesimo ingaggio”.
Era dannatamente buono il tuo risotto e sai nel profondo dell’anima che sarebbe stato anche migliore di quello della super blogger di professione! “Pazienza” - dici a te stessa – “ci saranno altre occasioni”, sapendo già di mentire spudoratamente perché sai bene che lunedì dovrai tornare in ufficio e che molto presto il ritardo accumulato nel postare ti farà perdere ulteriori consensi (fondamentali affinché anche la più scalcinata emittente televisiva o la più improvvisata delle agenzie notino il tuo lavoro) .
Quindi a questo punto cosa fare se non hai alle spalle nessuno in grado di assecondare il tuo slancio o di sostenere mecenatismi? Piombi nello sconforto, senti l’entusiasmo che ti abbandona lentamente , fra una lavatrice e una lavastoviglie, e ripeti a te stessa “tanto scrivo o non scrivo, che differenza fa?” – “chi si accorgerà del mio lavoro?” e piano piano volgi lo sguardo altrove; o meglio fingi di farlo perché un occhio sarà sempre puntato verso l’Olimpo raggiunto da colei che lavorava mezza giornata e ce l’ha fatta – qui un “mortacci” è d’obbligo - o peggio ancora da colei che ha potuto anche permettersi di non lavorare e di trasformare così la propria passione in una professione, ospitata dopo ospitata. Contratto dopo contratto. Esattamente quello che avresti voluto fare tu, ma probabilmente senza paracadute ti è mancato il coraggio.
Fin qui non ne esce un quadro molto incoraggiante per tutti i neofiti che magari in questo momento stanno scegliendo il carattere del post in evidenza sul proprio blog; tuttavia, una volta sedimentate le sconfitte mediatiche ed incassati i colpi bassi (blogger affermate che attingono da quel poco lavoro che sei riuscita a mettere in piedi) è possibile trarre da questa esperienza due messaggi fondamentali:
Il primo è quello di non permettere mai e poi mai ai rimpianti di metterti in un angolo. Ok, senti di aver perso un treno, ma le stazioni sono sempre aperte.
Non smettere di scrivere o di raccontare, come e quando puoi, ed abbandona tutti quegli orribili counter che informano sul numero di visite! Non è questo il senso di un blog! Non lasciare che i like o i follower influenzino quello che decidi di raccontare, prova ad immaginarli come strumenti utili solo ad uno step successivo e cambia radicalmente punto di vista.
Il secondo, che poi è collegato al primo, è che l’incoraggiamento degli amici e delle persone che amiamo, così come i loro consensi, sono le sole cose che contano se non sei un blogger di professione, magari evoluto a personaggio televisivo. Solo in questo caso gli applausi, le leccate di sedere altrui ed i grandi numeri ti serviranno. Fino ad allora, senza cadere nel retorico, non ti curar di loro e soprattutto non cedere allo sconforto! La tua passione non è andata via, ma si è solo nascosta dietro uno strato di inutile rancore alimentato dal palcoscenico dei social.
Prova ad immaginare di scrivere solo per gli affetti più cari, magari di una ricetta provata insieme; non sarà mai quella“ goccia di nullità in un oceano di squali”, ma di certo potrà tramutarsi soltanto in cose belle: la causa di una sana risata in compagnia, l’argomento di discussione davanti ad un caffè con un’amica - “perché forse ci hai messo troppo sale”; il ricordo di un nonno, la memoria di una madre o ancora la storia d’infanzia di un amico … oppure chissà?! Un taxi per la stazione.
Grazie, amiche mie!
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